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venerdì 26 marzo 2010

L’Editoriale: “Risurrezione…”

a cura di Don Domenico

La Risurrezione è il fine primario della venuta di Gesù sulla terra, perché egli è venuto per salvarci, e quindi per liberarci dal peccato e dalla morte. Per liberarci dal peccato e dalla morte doveva però espiare il peccato e con la vita doveva distruggere la morte. E non solo Gesù ha detto di essere la resurrezione e la vita, ma ha avuto il potere di far risorgere anche noi uomini. Gesù con la sua risurrezione ci ha ridato però anzitutto la risurrezione dal peccato: col perdono la nostra anima, morta per il peccato, risorge a vita nuova e noi diventiamo così una nuova creatura, tempio di Dio. Il Signore ha redento tutto l’uomo, il quale risorge nell’anima col perdono, nel corpo con la resurrezione. Quella risurrezione allora può avvenire anche oggi per il tuo cuore, dove c’è una pietra sepolcrale, perché una volta risorto ti incammini di nuovo nella tua vocazione. Il Padre Celeste ha mandato suo Figlio perché ci chiamasse dal sepolcro delle nostre debolezze e fragilità. «Vi darò un cuore nuovo, vi farò uscire… e vi condurrò nella Terra Promessa», nel territorio di Israele. Qual è la terra promessa? È la pace del Signore. È questa la terra dove riposano i buoni figli di Dio, i veri cristiani, quelli che risorgono nella vita divina.
Ma qual è l’espressione più autentica della Pasqua? In che modo si può annunciare la Pasqua? La testimonianza dell’avvenuta resurrezione è la vita di Dio in noi. La testimonianza della vita di Dio in noi sono le opere buone, che sono le opere della vita di Dio, della vita del Risorto, quelle opere buone che prima non avevamo la forza di fare. Noi dimostriamo di essere risorti in Cristo mettendoci più buona volontà, più forza a fare le opere buone. Nel nostro intimo, la testimonianza del Risorto è far risorgere la vita divina in noi lasciando il peccato; al di fuori di noi, la testimonianza della vita divina avviene invece mediante le opere buone. L’opera buona più santa è però quella di volerci bene gli uni gli altri. L’unico comando del Risorto è: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato». Senza la vita del Risorto non possiamo avere la vita in noi, non possiamo fare le opere buone. Le opere buone poi si concretizzano nella carità fraterna. L’amore fraterno poi mette in comunione le persone tra loro in modo da formare la comunità. Una vera Pasqua non è altro che la resurrezione della famiglia e di ogni comunità. La pienezza della Pasqua si vive quindi soltanto con la resurrezione della comunità e della famiglia. Se non c’è questa resurrezione non c’è vera, piena Pasqua, perché la Pasqua dona la vita, ma non c’è la pienezza di vita se non quando ci si dona reciprocamente il bene. La comunità è il luogo dove ci si dona reciprocamente la vita mediante le opere buone. Per arrivare a questo tre sono le tappe: il pentimento, il perdono e la pace. Se non porti la pace nella comunità è segno che non hai ricevuto il pieno perdono delle tue debolezze, perché non sei davvero pentito, ancora non ti sei convertito. Pentimento, perdono e pace sono tre parole, ma una sola realtà. La testimonianza sbagliata non si restringe poi solo alla comunità dove si vive senza carità fraterna, ma viene riflessa anche al di fuori, nel posto di lavoro, negli ambiti in cui si vive in comunità! Testimoniamo la nostra resurrezione specialmente là dove viviamo insieme con gli altri. Riceveremo così la pienezza dei doni del Risorto, la pace dentro e intorno a noi.

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