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martedì 26 gennaio 2010

Spettacolo di Natale 2009: le foto....



Domenica 20 dicembre 2009 c’è stato il consueto spettacolino di Natale. Un sentito ringraziamento a tutti quanti si sono adoperati per la buona riuscita dell’iniziativa. Tutte le foto sono disponibili...qui di lato! (fare click sulla presentazione per visualizzare le foto)

Spazio Giovane: Aiuto…mi sono innamorato…ho perso la testa!

a cura di Sandra

La persona innamorata perde la testa, è stralunata, travolta dalla passione, dimentica l’ordinario, viaggia sullo straordinario, sembra camminare sollevata da terra, è totalmente polarizzata dalla persona che ama, come se il resto del mondo non esistesse. L’innamoramento è stato paragonato ad uno stato allucinatorio. L’innamorato: idealizza l’amato; esalta le sue qualità; può attribuirgli qualità che non gli appartengono; può negare tutto ciò che non coincida con l’immagine ideale che ha di lui. Talvolta succede che l’amato tradisca colui che ama e che i più siano a conoscenza dei tradimenti, tranne il tradito.
Soltanto con il senno di poi, realizza che aveva tutti gli elementi per accorgersi del tradimento e non l’ha potuto/voluto vedere, perché, in uno stato di allucinazione da innamoramento, negava la realtà. L’innamoramento è meraviglioso quando è ricambiato e non è patologico. Ti fa vivere uno stato di beatitudine unico al mondo.
Il nostro campanello d’allarme dovrebbe scattare quando associati all’innamoramento ci sono sofferenza, rabbia, delusione e mancanza di dignità. Qualcosa non sta funzionando. Rischiamo di uscirne acciaccati. Come riconoscere se siamo innamorati della persona giusta oppure della persona sbagliata?
La persona giusta oltre a ricambiare il nostro amore ci tratta con rispetto, è interessata a renderci felici, a farci sentire importanti. La persona sbagliata ci utilizza per sentirsi amato, importante, potente.
Iniziamo da noi stessi a trattarci con amore, innamoriamoci di chi ci fa stare bene e non di chi ci fa solo soffrire!

Intervista a Don Damiano

a cura di Antonella Brunella (con la collaborazione di Chiara Campanelli)

Come mai hai fatto questa scelta di diventare prete?
Perché attraverso questa scelta ho trovato la giusta via verso la felicità.

I tuoi genitori hanno accettato questa scelta?
All’inizio non l’hanno capita, poi, con il passar del tempo l’hanno accettata .

Da piccolo hai mai risposto male alla tua professoressa?
Qualche volta.

I tuoi, prima di aver sentito la tua scelta, dove ti avevano indirizzato?
Mi hanno lasciato libero di scegliere la mia strada. Forse non si aspettavano questa sorpresa.

La parrocchia, incluso l’oratorio, come la vorresti cambiare?
Sono stati loro a cambiare me.

Da piccolo che lavoro volevi fare?
Per un po’ di tempo ho pensato di dedicarmi alla letteratura, alla storia e, perché no, all’insegnamento di queste materie.

Che significato aveva la Chiesa per te fin da piccolo?
La Chiesa, fin da piccolo, è stata per me, attraverso gli altri, la vera maestra di vita.

La prima volta che hai messo il vestito da prete, come ti sentivi? Eri emozionato?
Mi sono sentito libero di amare, dedicando la mia vita alla Chiesa.

C’era un volta l’oratorio: gli anni d’oro della pallavolo


Prima partea cura di Antonio

Era una sera dell’ autunno dei primi anni 70,una delle tante riunioni del gruppo giovani della parrocchia San Tarcisio. Generalmente si discuteva, si litigava,ci si azzuffava difendendo ognuno le proprie proposte. Proposte. Quella sera, invece ,c’era spirito di collaborazione. Erano gli anni del BUM della pallavolo in Italia. Quel bum che tante soddisfazioni avrebbe dato allo sport italiano in tante parti del mondo. Qualcuno propose: “alcuni fra di noi giocano a pallavolo nei tornei studenteschi, perché non facciamo una squadra di pallavolo tutta nostra e proviamo a fare un campionato? I campi e gli spogliatoi in oratorio li abbiamo… La proposta fu accolta da tutti con entusiasmo. E fu scelto il nome: G.S. San Tarcisio (Gruppo sportivo San Tarcisio). I tempi per organizzarsi, coprire tutti i ruoli necessari, una mini-tassazione per le spese di omologazione dei campi e l’iscrizione alla FIPAV…e San Tarcisio e IV Miglio aveva la sua squadra di pallavolo! (…continua)

Il saluto di Don Gabriel alla nostra parrocchia

a cura di Don Gabriel

Vorrei approfittare di questo mezzo per far arrivare il mio saluto a tutti voi, sorelle e fratelli della parrocchia di San Tarcisio. Come sapete, il Signore ci porta di qua e di là per annunciare sempre il suo Regno di amore, di misericordia, di giustizia, libertà e pace.
Innanzitutto ringrazio il Signore perché mi ha dato questa possibilità bellissima

• di condividere con voi la fede, la speranza e l’amore che ci uniscono;
• di crescere unitamente come discepoli e amici del Signore Gesù;
• di camminare insieme a voi in questa fede, speranza e amore, come Chiesa-Popolo di Dio che pellegrina in questa parrocchia;
• d’imparare da voi tante, tante cose belle e di scambiare tanto affetto.

Chiedo perdono dei miei sbagli. Chiedo perdono alle persone che in qualche modo ho offeso durante questo tempo che abbiamo condiviso. Impegno le mie preghiere per voi e mi raccomando alle vostre.
Comunque sia, ci ritroveremo nel vissuto della Comunione dei Santi e in ogni celebrazione dell’Eucaristia. La vita fa tanti tanti giri, quindi non è detto che non ci rivedremo più. Allora meglio diciamo ARRIVEDERCI!

“Ti benedica il Signore e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.
(Num 6,24-26)

Ti ho chiamato per nome …

a cura di Don Domenico

Nel libro di Isaia (43,1) c’è scritto: «Io ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni». Io esisto perché Dio mi ha chiamato per nome, mi ha chiamato ad essere ciò che sono, perché ha amato ciò che io sono. Non mi avrebbe creato se non mi avesse amato. Da sempre mi conosce. Essere creatura significa non poter essere tutto, significa avere dei limiti. L’amore di Dio però non ha limiti di tempo e di intensità, Lui mi ama infinitamente, da sempre e per sempre. Sono conosciuto da Lui nel più profondo della mia anima, molto più di quanto io conosca me stesso. Sono conosciuto non per una conoscenza dall’esterno, come noi conosciamo gli oggetti che sono fuori di noi, ma attraverso l’amore, come una madre conosce il figlio, desiderandomi tutto, corpo anima e spirito. Colui che mi ha chiamato all’esistenza è una Persona, desiderosa di essere amata, che si rivolge a me perché possa sentire la mia risposta. E io gli appartengo. Non perché sia una sua proprietà, ma perché sono parte sua, perché si prende cura di me come di chi è prezioso ai suoi occhi, come una persona a cui Lui può dire “tu”, e io possa rispondere anche io dicendo “Tu”, una persona a cui poter dire “sono contento che tu ci sia”; la mia stessa esistenza mi dice che Lui è contento che io ci sia.

Allora perché esiste il dolore, la sofferenza, il limite, la malattia, la morte? Essere creatura significa non esistere per sempre, avere dei difetti, essere immersi nel tempo, poter soffrire, dover morire. Sono parte della sua natura, come della natura di tutte le cose che ci circondano, degli altri animali: compaiono, si guastano, si trasformano, cambiano, provano gioia e dolore; solo l’uomo può domandarsi però che senso abbia tutto ciò. Quella frase del profeta Isaia sembra una presa in giro, a volte: ti appartengo e tu permetti questo? Mi hai chiamato per nome per farmi conoscere tutto questo male? La libertà che caratterizza l’uomo significa la possibilità di sbagliare, di scegliere il male invece che il bene, di dare sofferenza anziché gioia. Così tutta la natura, con o senza consapevolezza, è caratterizzata dall’evoluzione, dal cambiamento, da errori, da possibili distruzioni, che permettono nuove costruzioni. San Paolo scrive che «tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi» (Rm 8,22). Dio non dà facili risposte, non ragiona sulla sofferenza, non ha fatto finta che la morte non ci sia, non ha ignorato i nostri dubbi. Se eliminasse la sofferenza che viene dalla libertà umana, ci renderebbe dei computer, forse perfetti, ma senza amore. E se eliminasse la sofferenza che viene dalla natura, cosa essa avrebbe a che fare con l’uomo, come ne potrebbe essere il vertice, il signore?No, Dio ha scelto di assumerla, prenderla su di sé, condividerla, e tutto ciò che è male, ciò che è odio, ciò che ci restringe, ciò che ci consuma, ciò che ci toglie tutto, ha scelto di trasformarlo in bene, in amore, in dono, in speranza, in eternità. Con la sua crocifissione. È la sofferenza di Dio, che condivide la stessa sofferenza dell’uomo, non per aggiungervi la sua, non per raddoppiarla, ma per trasformarla. Ciò che ci allontana da Dio (il peccato, il dolore) diventa ciò che ci rende simili a Dio. Il sacrificio offerto per amore da Gesù è stato accettato dal Padre Celeste, attraverso la Resurrezione, la Pasqua. Dio Padre ha resuscitato il Figlio e lo ha portato in cielo con le sue stimmate, le sue ferite. Il paradiso cancella la sofferenza per sempre, ma non si può cancellare il fatto di aver sofferto. Se però la sofferenza, anche se ingiusta, è stata accettata per amore degli uomini, se invece di farci allontanare da Dio l’abbiamo vissuta insieme con Lui, allora la porteremo con noi in paradiso, come segno non di un’ingiustizia, ma del nostro amore. Solo l’amore dura per sempre, per questo Gesù mostra ancora le sue ferite, dopo la sua resurrezione. La Domenica, il giorno in cui si celebra la resurrezione di Gesù, ci dice che il nostro dolore Dio lo porta con sé, in Paradiso, che il dolore è consolato, la sofferenza è redenta, il nostro limite ci permette di accogliere gli altri, la malattia non cancella la speranza, la morte è l’inizio di una nuova vita. Non dopo, non alla fine dei tempi. Già ora. Attraverso la nostra unione a Gesù nella comunione eucaristica. Il dolore portato nella preghiera, la sofferenza unita a Gesù, i nostri limiti affidati alla Chiesa, la malattia accettata con pazienza perseverante, la morte vissuta con la consolazione dei sacramenti, già ora sono consolati, sono fonte di gioia. Il dolore non è tolto, ma trasformato. La vita assume spessore, le giornate non si assomigliano più l’una all’altra. È nella Messa che tutto il nostro essere viene portato a Dio e trasformato. È lì che io vengo a conoscere davvero Dio, il cui amore non viene mai meno, che vuole avermi per sempre con sé e per questo mi trasformerà, se io lo vorrò, a sua immagine e somiglianza, a tal punto che, pur rimanendo creatura, non conoscerò più morte, né dolore, né sofferenza, né altro limite se non l’amore mio per Dio e per tutti gli uomini. È lì, nella Messa, che io capisco che Dio mi ha chiamato per nome e io davvero gli appartengo.

La crisi globale: responsabilità di pochi, conseguenze per tutti

Prima parte
a cura di Giuseppe

L’attuale crisi mondiale che molti di noi stanno vivendo sulla propria pelle non è piovuta dal cielo, ma mostra, ancora una volta, “quello che è l’errore di fondo: l’avarizia e l’idolatria che oscurano il vero Dio, ed è sempre la falsificazione di Dio in Mammona che ritorna” (Benedetto XVI).
Cercare di capire, quindi, come è nata la crisi, da cosa è stata generata, quali sono stati questi comportamenti egoistici sembra, quanto mai, necessario per identificare le soluzioni ma, soprattutto, per evitare situazioni analoghe nel futuro. La crisi è nata come crisi del credito negli Stati Uniti e possiamo definirla come un fiasco finanziario poi diventato di portata mondiale. Per comprendere bene la dinamica della crisi, dobbiamo, quindi, tornare indietro a qualche anno fa in America: da una parte ci sono le famiglie e dall’altra le banche.
Il sogno di ogni famiglia (compresa quella americana) è di avere una casa di proprietà, ma non tutti possono permetterselo sia per le condizioni economiche personali che per i tassi d’interesse applicati sui mutui.
Dall’altra parte ci sono le banche che, con i tassi d’interesse applicati fino al 2001, compravano titoli del Tesoro americano senza correre alcun rischio e con un adeguato rendimento.
Dopo l’11 settembre, il Governatore della banca Centrale Americana (Federal Reserve Bank), per stimolare l’economia e renderla forte e più stabile, decise di abbassare i tassi di interesse all’1%.
In questo scenario, come si comportano i due “protagonisti”? Le banche considerano l’1% una percentuale molto bassa per investire il loro denaro e decidono quindi di trovare strumenti finanziari più remunerativi come ad esempio i mutui. D’altro lato, l’abbassamento del tasso significa che le banche americane potevano chiedere prestiti alla banca degli Stati Uniti (la Federal Reserve) con un interesse del solo 1%. La conseguenza fu un enorme quantità di credito erogato a basso costo per cui le banche prestavano denaro con molta facilità.
Ed è qui che entrano in gioco gli “spregiudicati della finanza” privi di etica e di morale pronti a tutto per mantenere il loro stipendio alto e soprattutto i loro bonus, ai livelli precedenti se non addirittura aumentarli.
Iniziano a “spingere” sulle famiglie: le banche offrono mutui facilitati e con tassi molto bassi a chi vuole acquistare casa anche a chi è considerato “subprime” cioè non “prime” (clientela che difficilmente è in grado di far fronte all’impegno preso). Il suggerimento è di sottoscrivere mutui a tasso variabile.
La famiglia è molto contenta dell’acquisto della casa anche perché il valore degli immobili sta aumentando moltissimo. La banca ci guadagna la commissione e la casa in caso di morosità.
Tutti contenti! Però, nel bilancio delle banche, esistono dei limiti alla loro possibilità di concedere credito: non possono andare oltre certi livelli di “leverage” (indebitamento).... (continua….)